Susanna Cambie e Stefano Baldi

 

Cambi e Baldi



1981: Le Bartoline



  • Data: Giovedì, 22 Ottobre 1981
  • Luogo: Travalle di Calenzano (PO), località Le Bartoline
  • Orario: Di difficile collocazione, probabilmente fra le 23.00 e le 24.00 secondo alcune testimonianze
  • Vittime: Stefano Baldi, 26 anni; Susanna Cambi, 24 anni
  • Automobile: Volkswagen Golf nera targata FI A21640
  • Fase Lunare: Sei giorni prima del Novilunio: metà luna calante, (età lunare -5gg). Illuminazione al 34%. Il 22 ottobre a Firenze la luna è tramontata alle ore 15:16 per poi sorgere il giorno successivo (23 ottobre) alle ore 1:52.


Antefatto

Il nuovo duplice omicidio avvenne di giovedì, dunque questo è l'unico delitto della serie (a parte quello del '68) che non è stato commesso durante il week-end. Va però detto che per il giorno successivo (venerdì 23 ottobre 1981) era previsto uno sciopero generale dei lavoratori, di quelli degli anni '80 che avevano larghissima adesione.
Il mese era quello di ottobre, dunque questo è l'unico duplice delitto che non è stato commesso in periodo estivo o più in generale con clima estivo.
Baldi Cambi

Stefano Baldi
era di Calenzano, abitava a La Querce in via Mugellese. Rimasto orfano di padre, era stato costretto ad abbandonare la facoltà di medicina e cercare lavoro presso il lanificio Stura a Vaiano. Susanna Cambi era di Firenze, era stata assunta dalla ditta "Eurogiochi" di Padova come telefonista per le televendite che venivano registrate all'Hotel Palace di Prato e trasmesse su TV Prato.
I due giovani erano prossimi al matrimonio, le nozze erano previste per la primavera successiva e per questo stavano già allestendo la casa in cui andare a vivere dopo il lieto evento, situata nello stesso stabile dove Sefano viveva con la mamma.
La sera del delitto i due ragazzi cenarono a casa Baldi, quindi fra le 22:00 e le 22:30 uscirono a bordo della Golf del ragazzo. Da quel momento in poi se ne persero le tracce.
Si è sparsa la voce secondo cui alcuni amici di Stefano riferirono che inizialmente il giovane doveva trascorrere la serata con loro guardando una partita di calcio e che solo alla fine cambiò idea decidendo di vedersi con la Cambi. In realtà, spulciando fra campionato di serie A, coppa Italia, coppe europee e partite della nazionale, non è possibile trovare alcuna gara che si sia giocata quella sera, quindi probabilmente si tratta della classica notizia falsa – come ce ne son tante in questa storia – che una volta diffusa è divenuta una verità storica.
Secondo un criminologo il quale ha avuto modo di parlare con alcuni amici del Baldi, il ragazzo rinunciò invece agli allenamenti della sua squadra di calcio quella sera per poter passare un po' di tempo con Susanna.

Scena del crimine

Cambi Baldi

L'automobile della coppia venne ritrovata fra le 10:00 e le 11:00 della mattina successiva (venerdì, 23 ottobre 1981) in una traversa sterrata di via dei Prati, località Le Bartoline, in una zona solitamente frequentata di sera da coppie e da giovani in cerca di un luogo appartato. Il ritrovamento avvenne ad opera di due contadini, Bruno Corsini e Armando Cavani, che si affrettarono ad avvertire le forze dell'ordine locali.
Ad arrivare per primi sul luogo del delitto furono dunque i carabinieri della caserma di Calenzano, con a capo il comandante della caserma, il maresciallo Dino Salvini. Successivamente sarebbe arrivato il tenente Vittorio Trapani, comandante del Nucleo Operativo della Compagnia di Prato.
L'automobile della coppia era posizionata a una cinquantina di metri da via dei Prati, al centro della stradina sterrata, bloccando di fatto il transito sulla stessa.
La vettura aveva il finestrino destro infranto, i frammenti di vetro sparsi sul sedile anteriore destro ed entrambe le portiere chiuse. I due cadaveri erano all'esterno dell'automobile; stando alla ricostruzione ufficiale del delitto, si tratterebbe dunque dell'unica volta in cui il MdF ha estratto anche il cadavere dell'uomo.


Cambi Baldi 2

Il Baldi era sdraiato su un fianco a circa tre metri a sinistra dall'automobile in posizione quasi fetale. Non aveva i pantaloni, le mutande erano infilate solo alla gamba sinistra. Indossava una camicia, i calzini e uno stivale. L'altro stivale era in macchina, sul tappetino al posto di guida. Il ragazzo era stato raggiunto da 5 colpi di arma da fuoco e 4 coltellate post-mortem. Sotto l'unghia di un dito della sua mano destra furono rinvenuti due capelli di colore castano chiaro ed alcune tracce di tessuto. Nella perizia medica stilata dai dottori Mauro Maurri, Giovanni Marello e Maria Grazia Cucurnia è riportato che "possono essere attribuiti con estrema verosimiglianza a reperti piliferi appartenuti a Susanna Cambi".

Cambi Baldi 3

Dal canto suo, la Cambi era stata attinta da 4 colpi di arma da fuoco e 4 di coltello. Venne ritrovata a circa 5 o 6 metri dall'automobile sulla destra, semi nascosta dalla vegetazione, sul greto di un canale di scolo delle acque, quasi in posizione seduta. Aveva indosso la maglietta sollevata fino al collo, così come il reggiseno. Il seno sinistro presentava ferite d'arma bianca (forse un'anticipazione delle escissioni del 1984 e 1985). Portava una gonna lunga, tagliata verticalmente sul davanti da un colpo di arma bianca. Come nel delitto di pochi mesi prima, le era stato asportato il pube, ma questa volta in maniera più drastica rispetto a Mosciano. Il taglio era più vasto e più profondo tanto che nel Processo Pacciani si disse che era stato asportato anche il tessuto perianale ed erano visibili le anse intestinali. Nella mano sinistra, Susanna stringeva una ciocca di capelli. Da esami successivi risultarono appartenere al Baldi.

Cambi Baldi 4

Non erano visibili segni di trascinamento sul corpo della ragazza tranne su una gamba dove erano presenti alcune striature che avrebbero potuto essere ricondotte a un trascinamento. Durante il Processo Pacciani, la dottoressa Cucurnia parlò di vaghissimi segni di trascinamento sul terreno che comunque era erboso e non lasciava evidenti tracce. Sempre la stessa dottoressa parlò di altri segni che avrebbero potuto far pensare a un trascinamento, in particolare visibili sull'unico stivale indossato dal ragazzo. Analogamente, durante il Processo ai CdM, il maresciallo dei carabinieri di Calenzano, Dino Salvini, riferì di aver ricordo di segni di trascinamento esclusivamente sull'erba che si trovava dalla parte sinistra dell'automobile delle vittime, mentre dalla parte destra vi era un tipo di erba diversa, bassa e tendente a rialzarsi, che dunque non poteva lasciare vistose tracce.

Dal canto suo, il super-poliziotto Michele Giuttari affermò durante lo stesso processo ai CdM che non furono affatto rivelate tracce di trascinamento, ma è bene precisare che Giuttari non era mai stato sul luogo del delitto e quindi riportava testimonianze raccolte nei verbali; inoltre il suo potrebbe essere inteso come un modo per tirare acqua al mulino della Pubblica Accusa, volendo cioè mettere in evidenza come sul luogo del delitto fossero stati presenti più esecutori che avrebbero potuto sollevare i corpi del ragazzo e della ragazza. Complessivamente non c'è dunque molta chiarezza - come sempre del resto - sulle testimonianze in merito.

Possiamo tuttavia concludere che, a differenza del delitto di quattro mesi prima in cui i medici legali esclusero l'ipotesi del trascinamento, in questo caso tracce in tal senso sembravano essere state rilevate. La borsa di Susanna venne trovata sul sedile posteriore della macchina. Non venne trovato né un portafogli e/o un portamonete, né alcun documento della ragazza. Nella borsa venne invece rinvenuto un borsello vuoto chiuso e stranamente il libretto di circolazione della macchina del fidanzato.

Cambi Baldi 5

Per concludere, vennero repertati sul luogo del delitto due particolari che avrebbero solleticato l'interesse di inquirenti e opinione pubblica: a circa cinque metri di distanza dalla parte anteriore dell'automobile, dunque dalla parte opposta di via dei Prati, fu rinvenuta sul terreno un'impronta piuttosto nitida di uno stivale numero 44.  A circa tre metri di distanza dalla vettura fu rinvenuta una pietra tronco-piramidale molto caratteristica, lavorata a mano e verniciata di rosso, su cui parecchio si elucubrerà.

Dopo il delitto

Un nuovo duplice omicidio, a poco più di quattro mesi dal precedente, scatenò nell'opinione pubblica la vera e propria psicosi da serial killer. Due giorni dopo, il 24 ottobre, venne scarcerato Enzo Spalletti che ben presto scomparirà definitivamente dalla vicenda. L'uomo si ritirerà a vita privata e, ancora oggi a distanza di tanti anni, rifiuta categoricamente di parlare con chicchessia dell'argomento (il che, per certi versi, può essere anche comprensibile). Dopo questo duplice omicidio, gli inquirenti entrarono per la prima volta in possesso di un ipotetico identikit dell'assassino, ma aspettarono quasi un anno prima di divulgarlo.

Il 4 Novembre 1981, il Giudice Istruttore del Tribunale di Prato, dottor Salvatore Palazzo, richiese una perizia psichiatrica sull'autore degli omicidi, nominando come perito il dottor Carlo Nocentini, all'epoca psicologo e psicoterapeuta presso una struttura pubblica. Nocentini, che verrà ascoltato al processo contro i Compagni di Merende, parlerà di un soggetto probabilmente affetto da sindrome paranoide e porrà l'accento su un evento traumatico avvenuto in età infantile, forse avente a che fare con la figura materna, che potrebbe aver scatenato l'odio del cosiddetto Mostro nei confronti delle donne.

Avvistamenti e segnalazioni

In una tarda serata del luglio del 1981 (quindi pochi mesi prima del delitto Baldi/Cambi) in un bar di Calenzano in zona Nome di Gesù, a pochissima distanza dalle Bartoline, una guardia giurata di nome Nicola Esposito era stata avvicinata da un uomo che aveva dimostrato un certo interesse verso la divisa e l'arma che l'Esposito stesso portava in dotazione. Quest'individuo, dopo aver mostrato all'Esposito tre cartucce, vecchie e ossidate, calibro 22 Long Rifle con la lettera H sul fondello, decise di regalarglieli, sostenendo di averne altre 500 o 600 in casa. Costui venne descritto dall'Esposito come alto circa 1.80, di corporatura robusta, spalle larghe, stempiato, con i capelli color biondo-rossiccio. La descrizione è simile a quella che altri testimoni hanno fornito di un possibile sospetto in occasione del delitto del 1984 a Vicchio e di quello del 1985 a Scopeti.

L'Esposito aveva conservato le cartucce ricevute in dono per oltre tre anni, fin quando l'11 settembre del 1985, due giorni dopo la scoperta dell'ultimo delitto del MdF alla piazzola degli Scopeti, si era recato presso la caserma dei carabinieri di Prato e aveva reso testimonianza dell'incontro testé descritto alla presenza del maresciallo dei carabinieri Antonio Amore del Nucleo Investigativo di Prato.

Nota bene: Risulta doveroso precisare che le cartucce calibro 22 Long Rifle donate all'Esposito dal misterioso individuo non parevano compatibili con i bossoli rivenuti sulle scene dei crimini commessi dal Mostro, in quanto la famosa H sul fondello non presentava i caratteristici segni distintivi propri dei bossoli adoperati dal MdF.

L'identikit

Identikit

A questo delitto risalgono le due segnalazioni più importanti relative a un uomo visto nei pressi della scena del delitto in orario compatibile con lo stesso. Dalla prima di queste segnalazioni fu realizzato l'identikit più celebre, quello che potremmo definire "ufficiale", del MdF. Queste segnalazioni furono verbalizzate dai carabinieri nei giorni immediatamente successivi al duplice omicidio e forse riguardano la stessa persona:

1. Due fidanzati della zona, Giampaolo Tozzini e Rossella Parisi, riferirono che fra le 23.40 e la mezzanotte di giovedì 22 ottobre, sullo stretto "ponte della Marina" incrociarono un'automobile di colore rosso che proveniva dal luogo del delitto e procedeva a velocità sostenuta, alla cui guida c'era un uomo di circa 45/55 anni, dal volto arcigno e sconvolto. Da questa segnalazione venne poi realizzato il celebre identikit del MdF e dunque possiamo dedurre che la polizia prese in seria considerazione questa testimonianza.

Per quanto riguarda l'automobile alla cui guida c'era l'ipotetico MdF, durante il Processo ai CdM, Tozzini dichiarò che presumibilmente la vettura era una Alfa GT. Presumibilmente perché – secondo le dichiarazioni dello stesso Tozzini - all'epoca esisteva anche la Lancia HF (sia Fulvia che Flavia) il cui davanti era in tutto simile alla GT. Da notare che, come si scoprirà diversi anni dopo, all'epoca del delitto delle Bartoline, il futuro indagato Giampiero Vigilanti aveva proprio una Lancia Flavia di color rosso. Impressionante comunque la somiglianza dell'identikit realizzato con la figura di Giovanni Faggi, abitante nella zona del delitto e futuro imputato al Processo ai CdM. Tuttavia, sempre durante quel processo, la Parisi non riconobbe nel Faggi l'uomo visto quella notte, mentre il Tozzini, pur rimanendo piuttosto scettico sulla possibilità che l'uomo fosse il Faggi, parlò di buona somiglianza.

Va comunque precisato che sebbene le forze dell'ordine tennero in ottima considerazione questa testimonianza, tanto da far diventare il suddetto identikit quello ufficiale del "mostro", non esiste alcuna prova che il personaggio che Tozzini e Parisi incrociarono quella notte, fosse davvero il MdF. Per quanto se ne sa, avrebbe anche potuto essere un guardone che aveva assistito casualmente all'omicidio e ne fuggiva sconvolto.

2. Dal rapporto giudiziario dei carabinieri, emerge che un'altra coppia di fidanzati, rimasta anonima, quella notte ebbe uno strano incontro. La coppia, che stazionava all'inizio di via dei Prati, riferì di avere udito dei rumori all'esterno della propria automobile attorno alle 22.40 e di aver scorto un uomo che probabilmente tentava di avvicinarsi alla vettura. Il ragazzo era perciò sceso dall'automobile, ma l'uomo era fuggito con un'andatura "dapprima goffa, poi lesta". Dalla descrizione che la coppia rese di quest'uomo, si trattava di un individuo sui 45/50 anni, con i capelli radi, dritti e corti. Potrebbe essere lo stesso uomo visto in automobile da Pazzini e Parisi, ma ovviamente non vi è alcuna certezza in merito.

Su questi due avvistamenti, durante il Processo ai Compagni di Merende, creò un po' di confusione il maresciallo Dino Salvini, il quale probabilmente non ricordando esattamente come si fossero svolti gli eventi, riferì che il celebre identikit del presunto mostro fosse stato stilato sulla base delle segnalazioni concordanti, seppur distinte e separate, sia di Pazzini e Torrisi, che della seconda coppia. Questo ovviamente gettò un po' di scompiglio in aula, sia per la novità che rappresentava questa dichiarazione, sia soprattutto perché - qualora fosse stata vera - dava tutt'altro peso all'avvistamento di Tozzini e Parisi e alla bontà del relativo identikit. A riportare le cose al loro posto furono gli interventi in aula nei giorni successivi del maresciallo Angelo Diotiaiuti, incaricato dal PM di fare chiarezza sull'argomento, e del graduato della polizia scientifica, Giovanni Simpatia, autore dell'identikit. Entrambi dichiararono, senza alcun indugio, che tale identikit era stato realizzato esclusivamente sulla base della segnalazione della coppia Tozzini-Parisi.


Fonte: Vari articoli dal Web




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