Antonella Di Veroli

 

Di Veroli


Antonella Di Veroli


  • Classificazione: Vittima
  • Caratteristiche: Sconosciute (ipotizzate cause passionali)
  • Data dell’omicidio: 10 aprile 1994 ora imprecisata
  • Luogo dell’omicidio: Roma
  • Metodo dell’omicidio: Sparatoria, soffocamento
  • Autore: Sconosciuto

L'omicidio di Antonella Di Veroli venne commesso a Roma il 10 aprile 1994; non vennero mai scoperti i responsabili.

Storia

Antonella Di Veroli

Antonella Di Veroli
, 47 anni, venne uccisa in casa sua per asfissia il 10 aprile 1994; venne impiegato un sacchetto di plastica dopo che l'assassino, con una pistola di piccolo calibro, le aveva sparato alla testa, mentre era ancora stesa sul letto, due colpi che la ferirono senza ucciderla; prima aveva assunto un farmaco che l'aveva fatta addormentare. Il cadavere venne poi nascosto nell'armadio della camera da letto e l'anta venne sigillata con del mastice.

Armadio

Il corpo verrà trovato il 12 aprile quando, dato che non rispondeva al telefono, la sorella va a cercarla a casa ma non trovandola se ne va; poco dopo arrivano a casa sua l'ex compagno e socio in affari Umberto Nardinocchi assieme al figlio e a un amico, ispettore di polizia che entrano nell'appartamento notando molto disordine rispetto al solito ordine che fa intuire che sia successo qualcosa; Nardinocchi ritorna verso mezzanotte, sperando di trovarla ma inutilmente; la mattina dopo, la sorella col marito si mettono i guanti di gomma per non contaminare la scena e decidono di rovistare l'appartamento e, dopo aver guardato in tutte le stanze, guardano nell'armadio della camera da letto notando che una delle ante è stata chiusa con del mastice; quando riescono ad aprirla scoprono il cadavere della donna.
Mastice


Indagini

Via Oliva 8

Le indagini all'epoca si concentrarono su due uomini che avevano avuto una relazione con la vittima: il primo sospettato fu Nardinocchi, un collega più anziano della vittima (prosciolto al termine dell'istruttoria), il secondo fu Vittorio Biffani (1942-2003), un fotografo con il quale la donna aveva avuto poco prima una relazione interrotta bruscamente e al quale aveva prestato 42 milioni, che non erano mai stati restituiti.
Resta in piedi la pista di un terzo uomo, resa concreta dai numerosi indizi sottovalutati nella prima fase delle indagini e venuti alla luce durante il processo in corte d'assise. Con le nuove tecniche su DNA e impronte il caso potrebbe essere risolvibile.

Processo

Biffani venne rinviato a giudizio e processato assieme alla moglie, accusata quest'ultima di aver minacciato e tentato di estorcere denaro all'ex amante del marito con una serie di telefonate falsificate e registrate da usare come arma di ricatto. Il processo iniziò nel 1995 e nel 1997 arrivò la sentenza di assoluzione piena per la coppia, confermata in appello e dalla Cassazione nel 2003. A scagionare l'uomo dall'accusa anche una impronta trovata sull'armadio appartenente a una terza persona mai identificata e le prove del guanto di paraffina che, inizialmente positive, si erano rivelate poi non attendibili. Nonostante un tentativo di riaprire il caso nel 2011, non si ebbero mai ulteriori sviluppi e il caso rimase irrisolto.

Nei media

Sulla ricostruzione degli avvenimenti è incentrata la puntata Il mistero della stanza chiusa della serie documentaristica Blu notte - Misteri italiani. Anche il giornalista Mauro Valentini è autore di un libro inchiesta.

Analisi

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Ci sono delitti irrisolti, scontornati come una fotografia ingiallita dal tempo. Gli americani li chiamano cold case, omicidi a "pista fredda", casi sospesi in un limbo di ipotesi e incertezze.

Nel 1994 Antonella Di Veroli è una donna single di 47 anni. Lavora come commercialista: disbriga pratiche per una cerchia ristretta di clienti, quanto basta a garantirle un tenore di vita modesto. È una persona perbene, riservata e poco incline alla vita mondana. Non ha molti amici ma un ex fidanzato, Umberto Nardilocchi, è diventato il suo più caro confidente dopo la fine della relazione. Si sentono spesso al telefono e, di tanto in tanto, escono a cena. Le giornate di Antonella si dividono tra casa e ufficio, è un tipo metodico e abitudinario.

Di recente, ha acquistato un appartamento al civico 8 di via Oliva, nel quartiere Talenti, a due passi da villa Torlonia. Una vecchia abitazione che la 47enne ha arredato con cura apportando una modifica all'impostazione originaria: un armadio a muro in camera da letto. Lo stesso in cui sarà rinvenuta cadavere nella tarda mattinata del 12 aprile 1994.

Per poter comprendere cosa sia accaduto ad Antonella bisogna ripercorrerne gli ultimi istanti di vita. È domenica 10 aprile 1994, la 47enne si reca a pranzo da un'amica. Le due trascorrono insieme l'intera giornata fino al tardo pomeriggio, tanto che i genitori della ragazza la invitano a fermarsi anche per cena. Antonella declina l'offerta, dice di voler rincasare per mettersi comoda e sbrigare alcune faccende. L'indomani è un lunedì e dovrà tornare in ufficio.

Dopo essersi accomiatata dall'amica, tira dritta verso casa. Affida le chiavi dell'auto al custode del garage, come fa di solito, affinché posteggi la vettura. Rientrata nell'appartamento ordina i documenti sulla scrivania e poi, attorno alle 22.45, telefona alla madre per un saluto. Si strucca e mette il pigiama, probabilmente intende coricarsi. Ma qualcuno bussa alla sua porta.

Il movente

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Dunque la pista sentimentale non porta da nessuna parte. Allora, viene da domandarsi, il movente del delitto è economico? Forse una ritorsione? Dal passato di Antonella, per quanto qualcuno abbia provato a gettare ombre sulla donna con ipotesi strampalate e illazioni di cattivo gusto per il fatto che avesse frequentato uomini sposati, non emergono anomalie. Per certo era una donna single e sicuramente in cerca di stabilità affettiva, consultava delle cartomanti ma non fu mai coinvolta in qualche losco affare. Quindi chi l'ha uccisa e perché?

C'è un terzo uomo?

A 25 anni dal delitto, nel 2019, la procura ha deciso di rimettere mano al fascicolo per omicidio nel tentativo di stabilire la verità. Ci sarebbe un'impronta impressa sull'anta di quel maledetto armadio che potrebbe riaprire le indagini. E il condizionale è d'obbligo in questo caso, dal momento che mancano all'appello dei reperti fondamentali per la risoluzione del giallo. Ad esempio dov'è finito il pianale su cui giaceva il cadavere di Antonella? E il sacchetto con cui il killer l'ha soffocata? Possibile non ci siano tracce dell'assassino sul tubetto di stucco usato per sigillare l'anta?

Domande che restano insolute e infittiscono di dubbi questa macabra vicenda. C'è poi un ultimo dettaglio. Nel febbraio del 1994, due mesi prima della tragedia, Antonella aveva acquistato un orologio e una cintura da uomo in una pelletteria di Roma. Per chi erano quei regali? La 47enne aveva fatto incidere all'interno degli accessori l'iniziale di un nome: "E". Di certo non si trattava né di Umberto Nardilocchi né di Vittorio Biffani. Dunque c'è un terzo uomo? Forse quel "cane sciolto" che la vittima menziona nelle ultime pagine del suo diario? 



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